L’acqua che beviamo oggi potrebbe essere la stessa che ha bagnato il viso della giovane barbara o riempito la borraccia di un legionario Romano. O aver coperto i prati di multicolore rugiada. O aver raffreddato il motore di un’auto o le lastre d’acciaio ancora azzurre di fuoco. O aver appena ristorato le piante del giardino di fronte allo Studio Papperini Relocation che ho riportato nella foto.

Che cosa importa che cosa è divenuta, cosa ha toccato? All’acqua tutto si perdona, anche se è entrata in contatto con gli oggetti più immondi della Terra, purché si sia naturalmente o artificialmente depurata.

Sempre l’acqua, benedetta con particolari rituali da sacerdoti, è da molte religioni utilizzata per rituali di purificazione.

I continui progressi della tecnologia e della medicina permettono già oggi di depurare e riutilizzare una infinità di materiale organico e non organico. Persino i virus si possono rendere innocui per l’uomo e farli divenire alleati contro cellule impazzite.

Da questo punto di vista le prospettive di smaltimento , purificazione e riutilizzo in sicurezza anche dei più pericolosi rifiuti industriali speciali sono solo questione di qualche anno o qualche decennio al massimo. Persino l’acqua contaminata dal cesio radioattivo può essere oggi in gran parte recuperata in sicurezza.

Diciamo che il progresso ha creato senz’altro una massa di rifiuti e di materiale di scarto enormemente superiore alle epoche passate, ma è lo stesso progresso tecnologico che è in una buona strada per liberare la Terra da questa massa di rifiuti e per recuperare risorse finora perdute.

Il problema vero è il ritardo non nello smaltimento dell’immondizia o nell'”addomesticamento” dei virus ma il mancato progredire, anzi in molti casi il regredire, della “purificazione” dell’essere umano. Non mi riferisco alla guarigione da malattie contagiose, ma alla crescente, reciproca, grave intolleranza verso persone con pigmenti della pelle diversi o religioni diverse o altre particolari caratteristiche etnico-somatiche.

Diffidenze reciproche verso persone al di fuori del gruppo di appartenenza ci sono sempre state nel corso dell’Umanità, la questione è come è possibile che persistano ancora adesso diffidenze per problematiche che la scienza ha rivelato completamente inesistenti?

Questo è possibile perché coesistono nell’Umanità due modalità di pensiero ed azione. Il ragionamento su basi razionali e scientifiche e l’irrazionalità, l’agire d’impulso o per istinto.

Un errore che fanno spesso le persone che cercano di far prevalere la ragione sull’istinto è quello di intervenire “a caldo” sui media e sui social per redarguire virulenti attacchi contro immigrati o contro altre specifiche categorie di persone messe sotto accusa per un grave episodio di cronaca.

Nella maggior parte dei casi l’effetto è completamente l’opposto, è come soffiare su un fuoco non per spegnerlo ma per fare in modo che la fiamma si alzi più forte.

La questione vera non è certo quella di nascondere comportamenti criminali o, comunque “border-line” di particolari gruppi di persone, quanto quella di capire perché una determinata persona non possa evolversi, non possa, agli occhi degli altri, riscattarsi, divenire una persona diversa e più accettabile dalla società.

Per alcune persone lo status di una persona è immutabile non solo per lei stessa ma per tutte le generazioni future, senza alcuna possibilità di evoluzione positiva. Si parla in tal caso di “razzismo biologico”, elaborato nel secolo scorso da pensatori soprattutto dell’area anglosassone e scandinava e poi ripreso come arma politico-ideologica dal nazismo, e ancora oggi diffuso sulla rete in particolare da movimenti con base internazionale negli USA.

Vi sono poi correnti di pensiero appena meno rigide rispetto al razzismo biologico, ma pur sempre fortemente sospettose nei confronti di altre etnie e sub-etnie. Per motivazioni non tanto biologiche in senso stretto, quanto per veri o presunti ritardi intellettuali generalizzati per quei gruppi, difficilmente colmabili in tempi rapidi.

Vi sono poi fortissimi sospetti di natura ideologico-religiosa.

Le modalità di “riscatto” e “purificazione” sono molte e non sempre lineari e compatibili fra di loro.

Un metodo è quello di chiedere di aderire ad una comunità religiosa, anche nella prospettiva di ottenere un aiuto concreto da parte degli altri correligionari per superare difficoltà di integrazione e farsi accettare dal resto della comunità. Su questo fronte sono particolarmente attive quasi tutte le religioni che cercano proseliti. Anzi spesso si creano vere a proprie competizioni all’interno delle stesse grandi religioni monoteiste per la conversione di immigrati già animisti.

Un’altra metodologia è quella di entrare a far parte di un partito politico. Creano scalpore alcuni esempi di candidature politiche di persone di origine africana in partiti come la Lega Nord.

Un’altra ancora è quella di riscattarsi intraprendendo un’attività imprenditoriale e creando lavoro anche per cittadini italiani.

Altri trovano il riscatto nel mettere in risalto virtù naturali, come la voce  e l’aspetto, e riescono a sfondare nel mondo della musica e dello spettacolo.

Anche lo sport è un mezzo in grado di far superare molte diffidenze, ad un campione si perdona tutto, non come all’acqua ma quasi.

Giovanni Papperini

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