Il falso mito del connaturale ruolo di subalternità della donna nella globalizzazione

Capita con un certa frequenza che singole verità storiche siano accorpate in maniera tale da dare una percezione errata della realtà attuale.

E’ possibile che questo avvenga anche per definire il ruolo della donna nella società.
Un accorpamento massivo di ricostruzioni, necessariamente parziali e frammentate delle epoche protostoriche e storiche dei primordi, rappresentano in questo modo il ruolo della donna e dell’uomo.
La donna viene collegata al concetto di stabilità, di forte legame con il territorio, con l’agricoltura di prossimità, di cura del “focolare domestico”.
L’uomo, al contrario, è rappresentato nelle vesti mobili di cacciatore girovago, guerriero e, all’occorrenza, razziatore.
Tutto ineccepibile e suffragato spesso da reperti archeologici e da documenti storiografici attendibili.
Tuttavia è una forzatura una trasposizione meccanica di tali ruoli nelle società odierne, attribuendo default un carattere eminentemente “maschile”, patriarcale, alla globalizzazione ed ai rilevanti fenomeni di migrazione umana, temporanea e definitiva, ad essa collegati.
Facendo, nei fatti, trapelare il messaggio di una valorizzazione del ruolo della donna con il ritorno al protezionismo, all'”ognuno a casa sua” e “mogli e buoi dei paesi tuoi”.
Segnali, al contrario, di maggior valorizzazione del ruolo della donna emergono con sempre maggior peso in ambiti strettamente legati alla globalizzazione: la Relocation e l’universo degli expats
Con l’incremento del numero degli expats nel mondo aumentano, lentamente ma progressivamente di anno in anno, i casi di “dual career” dove è significativamente più vantaggioso per la coppia spostarsi nella sede di lavoro della donna rispetto al partner maschile.
Dal libro “Vivere felici all’estero” di Luisella Zappetto: ” Nel mio libro parlo anche del caso in cui è l’uomo che accetta di accompagnare la donna che lavora all’estero. Questi uomini sono una minoranza (circa il 10%), ma in lenta crescita. Spesso incontrano difficoltà di adattamento anche maggiori rispetto alle donne, già abituate a considerare la loro vita come un “Lego” e a vivere in una condizione di disparità economica. ”
Le società che si occupano di Relocation sono in netta prevalenza dirette da donne, come emerge da una lettura delle directories di associazioni come l’EuRA e la TIRA
Le associazioni ed i siti internet gestiti da donne sono numerosi almeno quanto quelli gestiti dagli uomini. Ormai, almeno in Occidente, l’ìdeazione e l’organizzazione dei progetti migratori definitivi o temporanei sono di competenza delle donne nelle famiglie, le quali sempre più spesso ricoprono ruoli imprenditoriali. Ruoli fondamentali di traino in ambiti ancora molto “patriarcali” come le comunità afro-americane negli USA o la comunità filippina in Italia, dove sono spesso le donne ad aver dato vita ad imprese in grado di liberare l’etnia dal monolavoro nel settore domestico.

Giovanni Papperini