La democrazia parlamentare così come si è andata delineando in Italia dalla Costituzione in poi è degenerata negli anni in una specie di democrazia oligarchica che opprime il mite pigro.

La persona mite, pacata, per definizione non è portata a voler far prevalere le proprie idee sugli altri, ruolo invece attribuito ai partiti politici nell’art 49 della Costituzione. (si veda: Vezio Crisafulli, Partiti, Parlamento, Governo. Illusioni e delusioni costituzionali.Milano, Giuffré 1995.)

Al massimo aderisce ad una delle associazioni apartitiche previste dall’art. 18 della Costituzione, ovvero, e solo quando le circostanze lo costringono, aderisce o promuove la nascita di comitati ad hoc per la risoluzione di uno specifico problema o emergenza. Non gradisce, in genere, prendere la tessera di un partito, perché la sua mitezza lo allontana dalla partigianeria, dall’essere classificato come il Guelfo o Ghibellino di turno. Desidera stare in pace con tutti e non essere visto di traverso da qualcuno perché appartenente a quello o quell’altro schieramento politico. Né è contento di fare da galoppino elettorale ed odia essere contattato con un sms od una telefonata o una lettera da chi lo crede come “appartenente definitivamente” a questo o a quel partito.

Il mite è anche sostanzialmente pigro, non aduso a spericolati “surfismi” ideologici per assecondare il potente di turno o le forze politiche emergenti. Non è tipo da “cavalcare l’onda”, anche perché sa per esperienza che tanti che lo hanno fatto sono poi caduti rovinosamente sulle rocce, quando si sono talmente fatti prendere dalla smania della politica da perdere il senso della realtà.

Il mite pigro per anni ha spesso votato scheda bianca o si è divertito a fare disegnini sulle schede elettorali fino a quando era obbligatorio votare e chi non lo faceva rischiava di essere inserito in un registro di “renitenti al voto”. Adesso si limita, molte volte, semplicemente a non votare per partiti nei quali non riesce a riconoscersi.

Il mite pigro naviga su internet ma è molto guardingo nell’entrare in qualche discussione sui blog, in particolare in quelli bazzicati da fanatici iper-attivi. Pronti a colpire chiunque non ragiona come loro con strali di maleparole, ingiurie, minacce più o meno velate, ecc.

Il mite pigro, quando proprio non sopporta la “democrazia” manovrata dalla Casta e dai suoi accoliti e servi, “vota con i piedi”, vende tutto ed emigra verso lidi più accoglienti per lui.

Oppure smette la sua , temporanea, condizione di mite pigro e cerca il riscatto. E sì perchè la condizione di mite pigro è una condizione temporanea, non permanente. Un pò come nello spagnolo la differenza tra il verbo ser, essere in maniera permanente, ed estar, essere in questo momento in questa condizione, non necessariamente per sempre. Smette di comportarsi come un gatto pacioso per essere la tigre che è in realtà, e quando lo fa non si limita a proclamarlo. Come ha scritto il poeta nigeriano Wole Soyinka (fonte Wikipedia),premio Nobel per la letteratura, nel criticare il concetto di “negritudine”:

«La tigre non proclama la sua “tigritudine”. Essa assale la sua preda e la divora.»

Giovanni Papperini