Chi ostacola una svolta efficientista dello Stato?

 

E’ il sogno di tante persone: una radicale svolta efficientista dello Stato. Un cambiamento epocale verso una maggiore efficienza della burocrazia, meno sprechi, meno leggi incomprensibili, meno tasse, meno spese correnti e più spese in investimenti ed infrastrutture.
Perché , al momento, resta una chimera? Chi si oppone con ferocia a tale svolta?
Le conseguenze sarebbero tante e non tutte facilmente gestibili in un regime che confonde il concetto di “Democrazia” parlamentare con quello di “Libertà” . In realtà l’attuale regime si avvicina di più alla teatroclocrazia , da oclocrazia (tirannia delle folle)  e  teatrocrazia.
Dal vocabolario Treccani la teatrocrazia viene indicata come:
Neologismi
teatrocrazia s. f. (spreg.) Retorica del potere, carica di atteggiamenti, artifici e toni da rappresentazione teatrale eccessiva e ostentata. ◆ la prevalenza delle regole della comunicazione sui principi della politica incrementa la tendenza allo scontro e la tentazione di costruire conflitti invece di coesioni. Ma in questo modo vengono esasperati i personalismi e i partiti vengono spinti ai confini del mondo politico. Nasce da queste condizioni la teatrocrazia, la politica come apparenza, come pura rappresentazione scenica nella quale valgono non la verità ma la finzione e la sorpresa. (Luciano Violante, Riformista, 30 gennaio 2004, p. 6, Tendenze) • «Domenico Fisichellaha parlato dei rischi dell’affermarsi di una sorta di “teatrocrazia” in cui gli attori politici stanno perennemente sul palcoscenico, inseguendo le luci della ribalta, a prescindere dalla ricerca degli interessi nazionali» [Luigi Tivelli riportato da Andrea Valle]. (Libero, 18 marzo 2006, p. 9) • Durante l’incontro con gli studenti sul suo bel libro, Lettera ai giovani sulla Costituzione (Piemme), l’onorevole ds Luciano Violante, per spiegare come si comporta la cattiva politica per far guadagnare consenso a comportamenti egoistici, ha coniato un nuovo termine: teatrocrazia. Più elegante dell’abusato «spettacolarizzazione». Non contano i valori, ma soltanto ciò che appare. (Dino Messina,Corriere della sera, 6 maggio 2006, p. 41, Terza pagina).
Composto dal s. m. teatro con l’aggiunta del confisso -crazia.
Già attestato nel Corriere della sera del 18 settembre 1994, p. 26 (Sandro Modeo).

La teatroclocrazia  la intendo come adattamento costante della politica alla “sensibilità dello spettatore” in quel dato momento.  La “sensibilità dello spettatore” in pratica è l’accostarsi da parte delle autorità alle richieste istintive dell’opinione pubblica influenzata da immagini shock in rete, da manifestazioni di piazza riprese dai mezzi di comunicazione di massa. La “sensibilità dello spettatore” è anche il vizio di molti giornalisti della TV e della stampa non di rappresentare gli interessi della stragrande maggioranza della popolazione, bensì quelli particolarissimi di coloro che hanno ben vissuto in questa situazione di inefficienza dello stato, allacciando legami clientelari che sfruttano ogni volta per bloccare riforme in senso efficientista dello stato.
Andrebbe fatta una profonda riflessione sui limiti della “rappresentanza degli interessi dei singoli gruppi di persone”. La chimera di veder rappresentati in maniera eguale gli interessi di tutti è stata una concausa del proliferare di un groviglio enorme di organi rappresentativi elettivi, di società economiche partecipate, di partiti e fondazioni a carattere partitico. Groviglio nel quale sguazzano da decenni non so quante persone e succhiano risorse economiche non indifferenti. La circostanza che tali organismi, lungi dal diminuire, aumentino esponenzialmente alla crisi economica mi induce a ritenere non sufficienti i risparmi derivanti da una complessiva riorganizzazione della Pubblica Amministrazione “di carriera” se prima non vengono bloccate uscite incontrollabili da parte del sottobosco politico.

Per ridurre le tasse che soffocano l’impresa sarebbe necessario ridurre drasticamente la spesa pubblica che ammonta a circa 800 miliardi di euro l’anno. Probabilmente di più se si considerano anche spese non riconducibili direttamente alla Pubblica Amministrazione “di carriera” ma i “costi della politica” non trasparenti per via della mancata attuazione degli articoli 39 e 49 della Costituzione. Per poterlo fare occorrerà, tra le altre cose, trovare uno sbocco occupazionale ad un numero variabile tra 1 e 2 milioni di persone che attualmente campano sul sottobosco della politica e dei suoi addentellati nella società. Il cui numero è destinato a ridursi drasticamente da un rapporto più normale tra i cittadini e le istituzioni.
Occorrerà dare il tempo ai milioni di imprenditori e professionisti che della inefficienza dello stato e delle sue articolazioni periferiche hanno ricavato un business, del tutto legittimo anche se basato su una anomalia di sistema, di riconvertire la propria attività.

E’ incredibile la ferocia resistenza verso la riduzione della spesa pubblica, con un uso assolutamente strumentale della “democrazia” (parlamentare, non quella ideale della comunità greca originaria) intesa come un dogma o totem assoluto. Politicanti senza scrupoli continuano a sperperare sudati soldi dei contribuenti riempiendo poltrone di migliaia e migliaia di posizioni elettive senza una reale funzione, ma guai se si accenna ad una minima spending- review riducendo il numero delle “poltrone”, si viene tacciati di oscurantismo e anti-democrazia.

La verità  che noi percepiamo è nell’illusione e l’inganno nella costruzione, artificiosa, di una presunta realtà non genuina.
Fin da quando apriamo gli occhi per la prima volta il nostro cervello riconverte le immagini capovolte provenienti dai nostri occhi. Con quest’illusione naturale ci affacciamo alla realtà.
Non tutte le illusioni, purtroppo, sono rappresentazioni veritiere della realtà così come le  nostre menti, umanamente limitate, sono in grado di percepire. Quando tra noi e la realtà si frappone la menzogna le nostre menti sono tratte in inganno.
L’inganno è nei conti pubblici scientemente opachi per nascondere gli esponenziali debiti contratti negli anni.

E’ grave da parte del governo far passare il messaggio all’opinione pubblica, nazionale ed internazionale, di un “taglio” della spesa pubblica di 25 miliardi, se non di vero taglio si intende ma di semplice ricollocazione della spesa pubblica con un taglio effettivo di soli 360 milioni, si veda
Lettere al Direttore de Il Foglio

Ma davvero Renzi ha tagliato 25 mld di spesa pubblica? Nein

L’illusione artefatta è nell’essere convinti di poter continuare per sempre a vivere al di sopra delle proprie possibilità. In un mondo diviso a metà da un muro di cemento costruito in una notte cupa e caduto in una notte rischiarata dalle luci delle telecamere.

Era “normale” prima della fine della Guerra Fredda da parte dei partiti che si sono succeduti al governo sperperare allegramente soldi pubblici, tanto eravamo in una “botte di ferro”, il potente alleato statunitense non avrebbe mai permesso il fallimento dello stato, con conseguente possibile ascesa al potere del partito comunista allora succube dell’URSS. Ma dopo la Caduta del Muro di Berlino è un’illusione pensare che lo stato non possa fallire.

L’inganno è nel farsi eleggere promettendo, con estrema disinvoltura, al pastore di lasciare che le sue greggi pascolino liberamente nei prati ed al contadino di cingere quegli stessi prati di filo spinato per non far calpestare le sementi.

E’ incredibile la teatralità di tanti politici che assumono toni ed argomentazioni totalmente diversi in base al pubblico che hanno di fronte

L’illusione  artefatta, degli elettori,  è quella di avere vera libertà  di scelta tra gli eleggibili . Professionisti del potere che, astutamente, creano artificiosi schieramenti contrapposti per raccogliere consensi da curva da stadio.

L’inganno è confondere scientemente la previdenza con l’assistenza ed il privilegio..

I vitalizi, in particolare quelli d’oro, non sono assimilabili alla previdenza in senso proprio, come non lo sono le pensioni regalate con una manciata di contributi o elargite come forma occulta di assistenzialismo clientelare ad uno scandaloso numero di falsi invalidi.

L’inganno è affermare che le semplici risorse delle tariffe dei servizi di trasporti pubblici siano più che sufficienti per garantire i servizi, purché siano eliminati tutti i malefici utenti che salgono senza biglietto.

L’illusione  artefatta è che sia possibile ancora per anni permettere che vi siano in Italia diverse centinaia di società pubbliche di trasporti, con i loro bravi consigli di amministrazione e burocrazie interne. Come se si trattasse di servizi IGP (ad indicazione geografica protetta).

L’inganno è porre scientamente infiniti ostacoli all’arrivo d’investitori diretti esteri per conservare lo status quodi uno pseudocapitalismo di relazioni.

L’illusione artefatta è che così facendo si salva l’italianità delle nostre industrie e si tutelano i nostri brevetti.

L‘inganno è quello di aver permesso negli anni il proliferare di centinaia di migliaia di leggi e leggine che soffocano le nostre aziende ed ostacolano la dispensa della giustizia.

L’illusione artefatta è ritenere di vivere nello stato diretto erede della superiore civiltà giuridica romana. Niente a che fare con la nazione erede del selvaggio West senza legge, incidentalmente lo stato ancora più potente del mondo…Qualche anno addietro una funzionaria di un nostro consolato in quella nazione, gli Stati Uniti, in uno sfogo di sincerità, mi ha detto sgomenta al telefono…«ma com’è possibile che possa esistere uno stato come questo completamente privo di burocrazia!?» Forse perché abitato da centinaia di milioni di statunitensi ancora non illusi dalla burocrazia dello stato omnibus!

Imparate a riconoscere voi stessi gli ingannatori professionali, non aspettate di leggere i loro nomi sulle cronache nere dei giornali, o sui libri di denuncia della casta e delle corporazioni e della criminalità organizzata. Allora sarà troppo tardi, avranno già avuto tutto il tempo di rubare, intrallazzare, crearsi quella rete di protezione reciproca che permetterà loro di infischiarsi della loro reputazione messa in discussione.
Gli appartenenti alle varie caste sono perfettamente a conoscenza della verità, ma la manipolano a loro piacimento. Per decenni hanno sempre saputo che le loro azioni erano contrarie agli interessi della comunità, per questo motivo non hanno mai, neppure per errore, fatto qualcosa d’utile per la società.
Non sono quindi né pazzi, né stupidi, né tantomeno  ignoranti, anche se fingono, bene, di esserlo.
Come i “caporali” del celeberrimo film di Totò saranno i primi, direttamente o tramite i loro leccapiedi, a gridare contro la casta, contro i poteri forti senza volto che desiderano separarli dal “loro” popolo e via dicendo. Con una incredibile faccia tosta saranno in prima fila a farci credere che per decenni occupavano sì posti di responsabilità, ma in realtà non hanno mai contato niente, non potevano fare niente perché altri li ostacolavano, e poi avevano ereditato una situazione disastrosa dai loro predecessori e non potevano farci nulla.
Il 17 marzo del 2014 il giornale il Tempo pubblicava le anticipazioni dell’allora commissario alla spending review Cottarelli:

“Infine «serviranno probabilmente soluzioni innovative per il personale in esubero come effetto delle riforme strutturali», è scritto nello studio. Tanto per fare un esempio, se tagli le Province devi poi decidere cosa fare dei dipendenti che comunque rimangono sul “groppone” delle casse pubbliche”.

Più avanti, verso le conclusioni, il commissario si domanda, con un involontario effetto comico: «Cosa fare del personale in esubero?». Ci sarebbe insomma da valutare, più in generale, il costo sociale di tutta l’operazione.”

E’ strano ma in diretta relazione con paventati “costi sociali” sono lievitati in questi anni a dismisura le leggi ed i regolamenti e la burocrazia in generale, alla faccia della semplificazione, con conseguente, inevitabile giustificazione del mantenimento di un sproporzionato numero di dipendenti pubblici

Gli esuberi in realtà sono solo un aspetto del problema della mancata efficienza dello Stato forse il meno importante rispetto ad un reale miglioramento dell’organizzazione interna del lavoro nella pubblica amministrazione ed una equa redistribuzione degli incarichi, anche in località diverse da quelle dove si è stati assunti. Non si capisce perchè i dipendenti privati possano essere, con il dovuto supporto di servizi di relocation, come quelli offerti dallo Studio Papperini Relocation, inviati anche in una filiale oltreoceano dell’azienda e i dipendenti pubblici non possano essere trasferiti neppure dall’altra parte della stessa città. Inoltre è proprio assodato che il lavoro nel pubblico è meno stressante che nel privato? Certamente lo è per i lavativi che non vengono controllati da dirigenti incapaci, ma quante volte un funzionario capace e volenteroso viene punito dalla magistratura per aver, nell’interesse del pubblico, applicato la norma X del codice xx34 in una maniera più elastica e meno burocratica e per tale motivo ha subito un procedimento amministrativo o addirittura di natura penale?

Recentemente alcuni sindacalisti hanno pensato bene di richiamarsi a fumosi regolamenti per protestare contro il direttore della Reggia di Caserta, accusato di restare troppo a lungo nel posto di lavoro. Si veda questo articolo su Il Fatto Quotidiano del 4 marzo 2016 “Reggia di Caserta, il direttore “lavora troppo”. I sindacati: “Comportamento mette a rischio la struttura”

 

Ma non si illuda la “casta” ed i suoi clientes ed accoliti di poter resistere indefinitamente all’esigenza di cambiamento, confidando sulla maggiore esperienza nell’uso dell’arma della dialettica. Ma è la stessa tipologia di illusione che avevano i soldati sudisti, più avvezzi all’uso delle armi, quando deridevano i soldati nordisti che nella vita civile facevano i dentisti o i commercianti. Poi si è visto come è andata a finire…
Se le circostanze lo impongono anche un consulente del lavoro o una contabile o un programmatore di computer o un professionista nel settore ristorazione sanno imbracciare l’arma della dialettica per contestare un sistema che non può più reggere.

E’ incredibile come Michele Serra oggi su La Repubblica in un articolo

Burocrazia “stalker”: la musicista, il barista e il contadino, quelle vite in ostaggio
C’è chi perde il lavoro per una carta bollata
mentre snellire le procedure è ancora un miraggio

si sia ben guardato dallo spiegare perchè siamo soffocati dalla burocrazia, ci ha pensato un lettore ad aprirgli gli occhi:

“Giovanni Valerio
La burocrazia è la fabbrica di posti di lavoro inutili ma ben retribuiti dove militano un mare di scansafatiche legati a politici e caste varie.
I meccanismi per alimentare la sofferenza di chili subisce sono costantemente in via di sviluppo.”

Giovanni Papperini